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Château La Nerthe

Vero e proprio simbolo di Châteauneuf-du-Pape, Château La Nerthe costituisce una delle più antiche proprietà della denominazione. Testimoniando più di nove secoli di storia, il vigneto è fondato nel...Mostra di più

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Château La Nerthe : Châteauneuf-du-Pape 2018
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Château La Nerthe : Châteauneuf-du-Pape 2017
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Château La Nerthe : Clos de Beauvenir 2022
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Château La Nerthe : Châteauneuf-du-Pape 2019
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Vini Biologici
Château La Nerthe : Châteauneuf-du-Pape 2020
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Château La Nerthe : Châteauneuf-du-Pape 2021
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Château La Nerthe : Cuvée des Cadettes 2017
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Vini Biologici
Château La Nerthe : Cuvée des Cadettes 2018
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Château La Nerthe, pietra miliare nella storia di Châteaneuf-du-Pape

Château La Nerthe è una delle più antiche, belle e prestigiose proprietà di Châteaneuf-du-Pape. Da secoli qui si producono grandi vini nello stile della Valle del Rodano meridionale, sia rossi che bianchi.

Dall’epoca dei Papi ai giorni nostri, 9 secoli di storia a Château La Nerthe

Sin dal XII secolo, in quello che è l’attuale Château La Nerthe, si coltiva la vigna. Durante il periodo in cui i Papi si trovano nella splendida città provenzale di Avignone, questi designano Châteaneuf come loro residenza estiva. Nei fasti della corte papale non può mancare un vino eccellente. È dunque grazie ai pontefici francesi se la vigna viene piantata in queste zone.

In un’area che, quindi, dimostra una storia viticola molto antica, si trovano le prime tracce che testimoniano l’esistenza di Château La Nerthe, allora noto come Grange de Beauvenir, a partire dal XVI secolo. Un documento datato 25 novembre 1560 attesta l’acquisizione della tenuta da parte della famiglia Tulle de Villefranche. Sotto la sua direzione, la tenuta raggiunge risultati notevoli e diventa ben presto nota e apprezzata. I suoi vini vengono bevuti alle tavole di Versailles e di nobili francesi, svizzeri, inglesi, italiani e perfino nei nascenti Stati Uniti. È inoltre nel XVI secolo che viene costruito il castello che ancora oggi si erge sulla proprietà.

 

© Château La Nerthe

 

 

Nel 1870 la famiglia Tulle de Villefranche vende la proprietà al comandante Joseph Ducos. Il vigneto, devastato dalla fillossera, che ha fatto la sua comparsa nel 1866, viene completamente reimpianto su portainnesti per far fronte al parassita della vite. È in questo momento che viene introdotto il multi-encépagement, cioè la coltura di diversi tipi di vitigni. Questa varietà ampelografica è stata uno dei segreti del successo della tenuta. Al punto che nel momento della costituzione dell’AOC, nel 1935, la lista dei vitigni piantati dal comandante Ducos viene ripresa come lista dei vitigni permessi dalla denominazione. Essendo il proprietario della tenuta de La Nerthe anche sindaco, questi cambia nel 1893 il nome della cittadina da Châteauneuf-Calcernier a Châteauneuf-du-Pape.

La proprietà cambia di nuovo, quando nel 1943 il castello diventa quartier generale della Luftwaffe durante la Seconda guerra mondiale. Cacciati dalla Royal Air Force, i soldati tedeschi, durante la ritirata, non mancano di mitragliare tutte le bottiglie nelle cantine del castello.

Con alterne vicende e fortune, le redini della tenuta cambiano di mano, fino ad arrivare nel 1985 nelle mani della famiglia Richard. Famiglia di viticoltori da decenni, quando i Richard acquisiscono Château La Nerthe hanno alle spalle un forte bagaglio di conoscenze e know-how. A partire dal 2015 il testimone della direzione e delle vinificazioni è stato affidato a Ralph Garcin.

 

Il vigneto di Château La Nerthe, i 13 vitigni e i galets roulés

Il vigneto di Château La Nerthe è tutt’altro che ordinario. I 92 ettari della proprietà si trovano a circa 100 chilometri a nord di Marsiglia, tra Avignone e Orange, a due passi da Châteaneuf-du-Pape. In lontananza sono visibili le vette di Montmiral e del Mont Ventoux, in una regione, la Provenza, con un patrimonio artistico-culturale di inestimabile valore.

Le varietà coltivate sono le (ben) 13 permesse dal disciplinare: Grenache Noir, Clairette, Syrah, Bourboulenc, Mourvèdre, Grenache Blanc, Cinsault, Roussane, Picpoul, Picardan, Terret, Vaccarèse, Counoise, Muscardin. Sono Mourvèdre, Syrah e Grenache i grandi protagonisti degli assemblaggi. Fin dal 1998 tutto il vigneto è certificato in agricoltura biologica.

 

© Château La Nerthe

 

D’altronde il grande segreto della viticoltura di Château La Nerthe si trova nel prezioso terroir. Il terreno poco fertile assicura rendimenti estremamente bassi (25-30 hl sull’insieme del vigneto). Questo, insieme all’età media delle vigne di 50 anni, dà uve ricche e concentrate. Mentre il costante lavoro in vigna ne garantisce il perfetto stato sanitario.

La storia geologica della denominazione di Châteaneuf-du-Pape è strettamente collegata al passaggio del Rodano. Il sottosuolo è costituito infatti da strati successivi di sedimenti trasportati dal fiume. Il suolo invece è composto dai famosi galets roulés, pezzi di roccia provenienti dalle Alpi e condotti dalla corrente fino al punto dove questa rallenta: Châteaneuf-du-Pape, appunto. Levigati dall’acqua, questi ciottoli hanno una capacità che ricorda quella delle graves del Médoc. Durante il giorno immagazzinano il calore proveniente dai raggi del sole, per poi rilasciarlo gradualmente durante la notte e rifletterlo sulle vigne.

Il microclima di tipo mediterraneo che si può ritrovare qui, con più di 200 giorni di sole all’anno, crea delle condizioni per la coltura della vite incredibili. Le temperature calde favoriscono una maturazione piuttosto precoce dell’uva. Questo porta a vendemmiare presto e rapidamente. Una raccolta che si effettua esclusivamente a mano, s’intende.

 

Le vinificazioni a Château La Nerthe, la filosofia della cantina

Se il vigneto rappresenta il tesoro naturale della proprietà, le cantine ne sono il contraltare a livello di tradizione e savoir-faire. Scavate nella roccia sotto il castello, le gallerie, che risalgono, come l’edificio, al XVI secolo, ospitano i preziosi nettari di Château La Nerthe. Oltre alle botti di affinamento, vi si trovano straordinari tini risalenti anch’essi al XVI secolo, in pietra, con pareti di 1,20 m di spessore, oggi ricoperte con una speciale resina alimentare che ne facilita la manutenzione.

Una seconda parte della cantina è stata costruita più tardi, nel XVIII secolo. Le sue volte ad ogiva sorvegliano le botti e i fusti per l’affinamento. È nel 1986 che la cantina di vinificazione viene rinnovata con moderni equipaggiamenti, con tini in acciaio inossidabile termoregolati e un sistema di pressatura. La cantina al piano terra custodisce i tini in legno e le barrique, che servono per le vinificazioni dei vini bianchi top di gamma.

 

 

© Château La Nerthe

 

Le uve per le vinificazioni in rosso sono oggetto di un’attenta selezione e, in seguito completamente diraspate. Solo i tannini presenti nelle bucce degli acini vengono mantenuti, non essendo, quelli presenti nei raspi, della medesima qualità. I lieviti indigeni danno il via alle fermentazioni. Nel momento in cui il mosto è pronto, solo il vin de goutte, il succo che cade naturalmente per gravità, viene utilizzato per elaborare le cuvée della casa. Il jus de presse, al contrario, viene scartato.

Per quanto riguarda le vinificazioni in bianco, le uve subiscono una leggera macerazione sulle pellicole, ricche di aromi. Il mosto viene poi chiarificato per sedimentazione a freddo. La complessità aromatica è amplificata dall’affinamento dei bianchi sulle fecce dei lieviti esausti. Inoltre, per conservare l’equilibrio della freschezza, questi vini non subiscono la fermentazione malolattica.

 

© Château La Nerthe

 

Quando l’evoluzione dei vini ha raggiunto il momento opportuno si passa all’assemblaggio dei vari vitigni. In questa sede vengono decise le proporzioni che andranno a costituire le cuvée di Château La Nerthe bianco e Château La Nerthe rosso, nonché del secondo vino (rosso) della proprietà, Granières de la Nerthe. Solo e soltanto quando la qualità dei succhi viene considerata all’altezza, una parte dell’annata va a costituire due cuvée eccezionali: Cuvée des Cadettes, creata da Joseph Ducos e Clos de Beauvenir, creata da Alain Dugas.

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