Champagne Ruinart
Prima Maison di Champagne fondata nel 1729, Ruinart è tenuta in grande considerazione nel cuore dei puristi. La storica Maison deve la sua nascita al monaco visionario e precursore Dom Thierry...Mostra di più
Magnum Ruinart
Ruinart Brut
Ruinart Rosé
Ruinart Blanc de Blancs
Dom Ruinart
Cofanetti Ruinart
Ruinart, l’arte di valorizzare lo Chardonnay negli Champagne
Ruinart fa parte del territorio champenois da quasi tre secoli. Detiene il primato di più antica maison produttrice di champagne e si pregia di uno stile unico e sempre riconoscibile.
Ruinart, il più antico produttore di champagne
Secondo la vulgata il monaco benedettino Dom Thierry Ruinart, erudito esponente di una famiglia nobile della Champagne, avrebbe appreso il metodo champenois direttamente dal suo inventore, Dom Pérignon, nel 1669. Dom Ruinart comprende fin da subito le potenzialità di questo innovativo modo di fare vino con le bollicine. Previdentemente, lo trasmette a suo fratello e questi a suo figlio. Arriviamo dunque a Nicolas Ruinart, mercante di tessuti a Reims. Grazie all’editto reale del 25 maggio 1728, finalmente il trasporto del vino in bottiglia viene permesso. Lo champagne risentiva del precedente divieto, poiché, per sua natura, non può essere trasportato in botte. Superato questo impedimento, Nicolas fonda a Épernay il 1° settembre 1729 la prima maison produttrice di champagne. Sarà suo figlio Claude a spostare la sede a Reims, dove si trova ancora oggi.
Le prime bottiglie vengono offerte in regalo ai migliori clienti dell’attività di commercio di tessuti. Visto il successo rapidamente riscontrato da questo tipo di vino tra l’aristocrazia europea e intuendone il potenziale, come già Dom Ruinart aveva fatto fin da subito, le bottiglie di champagne rimpiazzano ben presto i rotoli di tessuti. Nel 1735 il vino diventa l’unica attività della Maison Ruinart. Si passa dalle 170 bottiglie vendute nel 1730 alle più di 36.000 del 1761.
I secoli passano e il successo di questo grande vino si consolida, fino a diventare sinonimo di festa, di lusso e di un antico know-how. Nel 1963 Ruinart entra a far parte di Moët & Chandon, ripresi poi dal gruppo di lusso LVMH. Dagli anni ’80 si apre un nuovo capitolo della storia di Ruinart, grazie a Jean-François Barot, chef de cave dal 1985 al 2002, e alla nuova squadra commerciale, i quali insieme hanno dato nuovo slancio al brand. Il “gusto Ruinart” diventa iconico e riconoscibile. Frédéric Panaïotis subentra a Jean-Philippe Moulin nel 2007, come nuovo e attuale chef de cave.
Lo Chardonnay e il “gusto Ruinart”
Il vigneto di Ruinart si estende per 100 ettari sulla Côte des Blancs, dove il vitigno principe è l’elegante e delicato Chardonnay. Mentre dalla Montagna di Reims gli giunge il 30-40% degli apporti, provenienti da grand cru di Beaumont, Verzenay, Choully, Cramant, Puisieux e Sillery. Infine il resto del fabbisogno è soddisfatto dalle vigne del gruppo e da viticoltori fornitori.
Lo Chardonnay, fin dagli anni ’80, definisce inequivocabilmente il gusto Ruinart. Se la Côte des Blancs apporta delicatezza e freschezza, è dalla Montagna di Reims che proviene la struttura e la solidità dell’equilibrio. Le cuvée Ruinart Blanc de blancs e Dom Ruinart (millesimato), sono concepite su questi presupposti. Vini di classe, freschi e profondamente complessi. Il Pinot Nero, dal canto suo, viene utilizzato solo nelle cuvée “R” de Ruinart e nei rosati Ruinart Rosé e Dom Ruinart Rosé.
A 38 metri sotto terra, le gallerie di gesso, costruite in epoca gallo-romana, ospitano il lungo e indisturbato riposo delle bottiglie di Ruinart. Inscritto al Patrimonio Mondiale dell'Unesco dal 2015 e classificato Sito Storico dal 1931, questo labirinto si estende su 38 chilometri. Sotto le ampie volte bianche delle crayères, i vini invecchiano in condizioni ottimali, senza la benché minima vibrazione, a temperatura e igrometria costanti.
Ruinart e l’arte, raccontare lo champagne in un modo fuori dagli schemi
Ruinart ha da lungo tempo dimostrato di possedere una certa sensibilità per l’arte. Risale al 1896 la prima collaborazione tra la casa di champagne e un artista. Si tratta di Alfons Mucha, che realizza un manifesto in pieno stile Art Nouveau. Da allora in poi, l’impegno di Ruinart nel contesto dell’arte moderna si esplicita nella partecipazione alle più grandi fiere d’arte internazionali e nelle commisioni artistiche. Un mecenatismo, che si rivela in un flusso creativo pressoché continuo. Ultimamente la maison ha deciso di avvalersi della collaborazione di un artista diverso ogni anno per esprimere il concept di Ruinart.
Maarten Baas, Gideon Rubin, Hervé Van Der Straeten, Piet Hein Eek, Georgia Russell, Hubert Le Gall, Erwin Olaf e Jaume Plensa hanno già raccontato Ruinart, ciascuno secondo il proprio estro. Nel 2018 è stato il turno di Liu Bolin, The Invisible Man. L’artista cinese ha realizzato delle fotografie in cui i corpi umani “sparivano” e lo sfondo veniva portato in avanti, dipinto sui vestiti e sulla pelle delle persone con la tecnica del camouflage. Bolin ha voluto sottolineare come, nonostante il consumatore finale non ne sia, il più delle volte, cosciente, lo champagne che sta bevendo è frutto del lavoro attento e della sapienza di molte persone.
Tanto quanto l’arte, anche il design occupa un posto di rilievo nella comunicazione di Ruinart. La bottiglia panciuta, all’antica, con un’etichetta anch’essa ristudiata: nel 2003 la bottiglia della maison di champagne si è fatta inequivocabilmente riconoscibile.
Lo stile Ruinart: un vino da gastronomia
Con il suo stile 100% Chardonnay (20-25% di vini di riserva dei precedenti due anni) la cuvée Ruinart Blanc de blancs si fa emblema della maison. Composto in larga maggioranza dalle uve provenienti dai Premier Cru della Côte des Blancs e della Montagna di Reims, è completato da uve di Sézannais – portatrici di maturità – e della Valle di Vesle – brillantezza e freschezza. Fiori bianchi, pesca, ananas si uniscono alle note di pesche nettarine, di agrumi e alla gradevole mineralità che rifinisce il bouquet. Per un aperitivo – magari estivo – è semplicemente divino. Con pesce e frutti di mare farà la gioia di tutti i convitati.
Suo alter ego di rosa vestito, nato sotto i buoni auspici del Secolo dei Lumi 250 anni fa, Ruinart Brut Rosé è composto al 45% da Chardonnay della Côte des Blancs e della Montagna di Reims e al 55% da Pinot Nero della Valle della Marna, di cui il 18-19% è vinificato in rosso. Il tutto completato da un 20-25% di vini di riserva dei due anni precedenti. Sottile e fresco, offre una palette un po’ esotica (guaiava, litchi) cesellata da pompelmo, frutti rossi, note di rosa e menta piperita. Perfetto per valorizzare piatti semplici come un gazpacho o pesci e frutti di mare, non teme il confronto con piatti sapidi come prosciutto crudo, anatra, agnello o formaggi stagionati.
Anche nell’“R” de Ruinart ritroviamo il Pinot Nero (57%), accompagnato da Chardonnay (40%) e Pinot Meunier (3%). A completare il blend un 20-25% di vini di riserva dei due anni precedenti. Il naso sprigiona una grande varietà aromatica che va dai frutti a polpa bianca, all’albicocca, alle nocciole e mandorle. Ancora: seguono deliziose note olfattive di brioche e biscotti. In bocca rivela tutto il suo fascino con un corpo rotondo e agile, che tradisce la presenza di frutti maturi e del leggerissimo dosaggio. L’equilibrio non viene meno. La freschezza dello Chardonnay e l’intensità del Pino Nero si integrano come due pezzi di un puzzle giustapposti. Esiste anche nella versione millesimata. È uno champagne che può affrontare un intero pasto, dall’aperitivo fino al pesce o alle ostriche, ai formaggi freschi e cremosi.
Dom Ruinart e Dom Ruinart Rosé (81% Chardonnay, 19% Pinot Nero) sono assemblati a partire da uve della stessa vendemmia ed esclusivamente nelle migliori annate. Nel rosé come nel bianco, rimane sempre lo Chardonnay il vitigno chiave. Solo i grand cru della Côte des Blancs e della Montagna di Reims rientrano nell’assemblaggio. Occorre una decina d’anni passati nel silenzio delle crayères perché queste cuvée di prestigio possano maturare pienamente e sviluppare la loro complessità aromatica. La struttura, delicata e potente allo stesso tempo, permette di abbinarli con successo a piatti di grande finezza. Da provare con un ceviche d’orata alla peruviana o un carpaccio di astice, caviale, limone e olio di coriandolo.