Vini toscani
La Toscana è fin dall’antichità una terra di tradizione vitivinicola. Le sue colline ondulate e il clima mediterraneo sono gli ingredienti ideali per la produzione di vini di qualità. I suoi vini...Mostra di più
Vini della Toscana, leggende sulla scena internazionale
Il vino in Toscana è ben più che un semplice prodotto. Tra DOC e DOCG celeberrime, Chianti, Bolgheri, Montepulciano, Montalcino, Scansano… grandi luoghi che evocano il mito di un territorio da sempre votato alla viticoltura.
I vini toscani: un saper fare antico che ha guardato fuori dai confini
La Toscana è da sempre legata a doppio filo al prodotto vino. Fin dai tempi antichi, i vini etruschi venivano considerevolmente apprezzati a Roma. Il medioevo e il fiorire dell’economia delle signorie toscane, con la creazione di leghe e corporazioni, instaura nella regione un solido sistema di produzione e commercio del vino. Per la prima volta nel 1300 si sente parlare della Lega del Chianti ed è proprio a quest’epoca che risale l’adozione dello stemma del gallo nero per il Chianti.
Oggi la Toscana è tra le regioni italiane più note nel mondo per la produzione di grandi vini, insieme a Piemonte e Veneto. 60.000 ettari di superficie vitata, per una produzione di più di 2 milioni di ettolitri di vino. I toscani hanno avuto un ruolo di enorme rilievo nell’elevazione del vino italiano dal contesto meramente alimentare, per trasportarlo nel settore del lusso e quindi della qualità sopraffina. Promozione di cui hanno poi, comunque, goduto anche gli altri prodotti gastronomici toscani (basti pensare al delizioso olio extravergine d’oliva, a tutti i formaggi e alla famosissima bistecca alla fiorentina…).
Alcune delle famiglie dell’élite del vino italiana hanno costruito la loro fortuna sullo straordinario terroir toscano. Impossibile non nominare la famiglia Frescobaldi, che possiede sei proprietà in Toscana, tra cui la Tenuta Nipozzano, nel territorio del Chianti Rufina, la Tenuta Castiglioni, in Val di Pesa, centro d’origine della produzione viticola della famiglia da 700 anni, la Tenuta Castelgiocondo, a sud-ovest di Montalcino, e l’ambizioso progetto Super Tuscan della tenuta Luce della Vite.
La famiglia Antinori, altro mitico nome del know how vitivinicolo Italiano, non è da meno. Otto sono le tenute in Toscana, tra cui i grandissimi Pèppoli, Tignanello e Badia a Passignano, nel territorio del Chianti Classico, la Tenuta Guado al Tasso, a Bolgheri e Pian delle Vigne, baluardo del Brunello di Montalcino.
Il terroir della Toscana
Le 11 DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita), 40 DOC (Denominazione d’Origine Controllata), 6 IGT (Indicazione Geografica Tipica) e le altre aree viticole che si estendono sul territorio regionale della Toscana si trovano principalmente distribuite tra le colline del Chianti nel centro, la zona del Mugello a nord, la Val di Chiana a est e la fascia costiera a ovest.
Il territorio della Toscana è per la maggior parte collinare: 67% collina, 25% montagna e 8% pianura. Il clima varia dal mite, sulla costa toscana, al continentale, nella parte centrale collinare. In generale si tratta di un clima abbastanza asciutto.
Troviamo terreno principalmente calcareo-argillosi sulle colline del Chianti, di Montalcino e Montepulciano, della Lucchesia e della Maremma. Il Sangiovese ne trae qui la sua struttura, l’acidità e la sapidità. In particolare nel chiantigiano e nel senese, troviamo un calcare bianco, detto Albarese, e una roccia lamellare argillosa, il Galestro, che sono responsabili, il primo, della longevità e, il secondo, dell’eleganza dei vini locali.
Sulla costa vi sono terreni di argilla mista a sabbia e minerali. Il Vermentino vi trova una bella sapidità, mentre i rossi ne traggono struttura ed eleganza. Scendendo in Maremma, troviamo suoli calcarei e argillosi, che esaltano la generosità e la nota alcolica.
La stragrande maggioranza della produzione dei vini toscani sono vini rossi. Il vitigno Sangiovese qui è il signore incontrastato, dall’Appennino Tosco-Emiliano fino alla Maremma Grossetana. Altre importanti uve, che in genere spalleggiano il Sangiovese negli assemblaggi, sono il Canaiolo Nero e il Ciliegiolo. Tra i vitigni bianchi il più diffuso è senz’altro il Trebbiano, seguito dalla Malvasia Bianca Lunga, la Vernaccia di San Gimignano e l’Ansonica. Infine, come spiegheremo più avanti parlando dei Super Tuscan, risultati di eccezionale qualità hanno ottenuto in Toscana vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Nero e Syrah.
Zoom sul Chianti DOCG, dal Chianti Classico alle sottozone del Chianti
Bisogna innanzitutto distinguere il Chianti dal Chianti Classico. La DOCG Chianti viene riconosciuta dallo stato italiano nel 1984. Per lungo tempo il Chianti Classico è considerato una sottozona del Chianti, ma dal 1996 questi è riconosciuto come una DOCG autonoma. La zona del Chianti Classico è infatti la più antica, il nucleo originario della denominazione. Si tratta dell’area che il Granduca di Toscana, Cosimo III de’ Medici, già nel 1716, aveva riconosciuto e protetto con un bando che vigilava sulla produzione e le frodi. Questo atto segna il primo riconoscimento di una area viticola nella storia: un antenato del concetto di denominazione. Le sette aree ancora oggi considerate sottozone della Chianti DOCG sono: Colli Aretini, Colli Senesi, Colli Fiorentini, Colline Pisane, Chianti Rufina, Montalbano e Montespertoli.
Il Sangiovese, come in buona parte della Toscana, è il vitigno protagonista della denominazione. La famosa “ricetta Ricasoli”, sviluppata dal Barone Bettino Ricasoli, dell’antichissima famiglia che tutt’oggi detiene l’azienda Barone Ricasoli, rimane per lunghissimo tempo la regola aurea per fare il Chianti. 70% Sangiovese, 15% Canaiolo e 15% Malvasia. Questa a lungo esclude dalla denominazione Chianti anche quei vini che, consapevoli dell’identità caratteristica del Sangiovese, vogliono esprimerlo in purezza e non in un blend. Come accade per il Coltassala di Castello di Volpaia, un 100% Sangiovese, che si deve accontentare della dicitura Vino da tavola, fino al 1994 quando il Chianti Classico DOCG ammette finalmente il 100% Sangiovese.
Palcoscenico del Sangiovese, il vino Chianti mette in risalto le sue caratteristiche. Il tannino potente e l’acidità elevata lo rendono adatto a lunghi invecchiamenti. Gli aromi di frutti rossi come la prugna e la ciliegia, insieme a note terrose ed erbacee (tè verde) sono gli attributi più frequenti.
Un indefettibile custode della tradizione lo ritroviamo con l’azienda Castellare di Castellina, che usa solo vitigni autoctoni. È però ormai abitudine comune, dopo la rivoluzione dei Super Tuscan, che anche aziende specializzate nel Chianti Classico, coltivino e producano almeno qualche parcella di vitigni internazionali, come Querciabella, Fèlsina e Castello di Ama.
Zoom sulla Costa Toscana
Da Bolgheri ai Super Tuscan
Parlare di Bolgheri significa parlare dell’epicentro della rivoluzione dei vini Super Tuscan avvenuta negli anni ’70. Non solo abbiamo un epicentro, ma abbiamo anche un apripista e si tratta del leggendario Sassicaia della Tenuta San Guido.
Si deve all’ispirata visione del Marchese Mario Incisa della Rocchetta la decisione di piantare del Cabernet Sauvignon in una parcella della sua tenuta a Bolgheri, sulla Costa Toscana. L’idea gli viene dal terreno simile a quello delle graves di Bordeaux, sabbia e sassi (una sassicaia). Grande incompreso dai toscani del suo tempo, il marchese continua a produrre il suo vino e a berlo in famiglia, senza però metterlo in commercio. Sarà con la consulenza del grande enologo di casa Antinori, Giacomo Tachis, che finalmente si crea il blend perfetto e nel 1972 esce il primo esemplare di Sassicaia con etichetta 1968. Pochi anni dopo il Sassicaia sbaraglia la concorrenza (tra cui anche grandi château bordolesi) a un concorso internazionale di Cabernet Sauvignon. Da quel momento in poi la critica americana se ne innamora, e nasce il nome di Super Tuscan, per identificare tutti quei grandissimi vini toscani, nati da vitigni non autoctoni.
Il Vigorello di San Felice già nel 1968 sperimenta un blend di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot. A partire dagli anni ’70 fino agli anni recenti, fioriscono altri blend che lasciano alle varietà bordolesi il compito di esprimere il terroir toscano. Come il Grattamacco, il Solaia della Tenuta Tignanello o l’Ampelaia. Anche la Syrah ottiene grande successo, come nel Guado al Tasso di Antinori, nello Scrio di Le Macchiole o nel Syrah per sempre di Tua Rita.
Il Morellino di Scansano
Scansano si trova nella Maremma grossetana, nel sud della costa toscana (il nome viene infatti da “Maretima”). L'area geografica di produzione del vino Morellino di Scansano DOCG si estende sulle colline dell'Appennino Centrale, tra i fiumi Ombrone e Albegna, a pochi passi dal mare.
Le bellissime colline ventilate e ben esposte offrono vini raffinati e intensi, con un bel bouquet di frutti di bosco, di viola e macchia mediterranea. Il mare e il terreno ricco di sedimenti marini, mitiga il lato fruttato per spingere di più quello della sapidità e della freschezza.
Un Sangiovese che può essere sostenuto da Alicante, Ciliegiolo, Colorino, Malvasia Nera, Canaiolo, Montepulciano, ma anche Merlot, Syrah, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. Ma può anche trovarsi in purezza. Un nome su tutti è la Fattoria Le Pupille, condotta dalla talentuosa Elisabetta Geppetti, Signora del Morellino e ambasciatrice della Maremma.
Zoom sulla Toscana centro-orientale , da Montalcino a Montepulciano
All’incirca negli stessi anni in cui il barone Ricasoli sperimentava gli assemblaggi per il Chianti, a Montalcino Clemente Santi vinificava il Sangiovese, localmente chiamato Brunello, in purezza. Non solo, ma lo mette poi in commercio quattro anni dopo la vendemmia, decisione più che mai inconsueta, poiché il costume, all’epoca, è di fare vini pronti da bere il prima possibile. Oggi il Brunello di Montalcino è una delle DOCG della Toscana, e dell’Italia tutta, più prestigiose in assoluto.
Montalcino, comune della Val d’Orcia, gode di un territorio particolarmente votato alla vigna. Tanto che nella stessa area abbiamo anche un altro grande vino, il Rosso di Montalcino. Ancora una volta è il Sangiovese il solo e unico attore. Ma, se il Brunello di Montalcino DOCG, da disciplinare, non è commercializzato prima di 5 anni di affinamento e, in genere, trae grande beneficio dall’evoluzione apportata da lunghi invecchiamenti, il Rosso di Montalcino DOC dal canto suo è un vino che dà il massimo nella sua giovinezza. Tra i più grandi rappresentanti della zona troviamo l’ambasciatrice dell’enologia italiana al femminile, Donatella Cinelli Colombini, nell’antica tenuta Col d’Orcia e nella bella avventura italo-americana di Castello Banfi che ha sempre creduto nel Sangiovese.
Finiamo questo tour a volo d’uccello sulla Toscana dei vini nominando almeno il territorio di Montepulciano. Da non confondere con il Montepulciano d’Abruzzo, prodotto in Abruzzo con l’uva Montepulciano, i vini prodotti a Montepulciano, nella Val di Chiana occidentale, provengono da un’antica varietà del Sangiovese, chiamata Prugnolo Gentile. Il Vino Nobile di Montepulciano DOCG è un vino molto antico, che veniva bevuto alle tavole della nobiltà locale. Non meno del 70% di prugnolo Gentile e un massimo di 20% di Canaiolo Nero è l’assemblaggio tipico, ma possono concorrere anche altri vitigni idonei (non più del 10% di vitigni a bacca bianca). Dopo tre anni di maturazione il Vino Nobile di Montepulciano può essere commercializzato, ma è un vino da grandi invecchiamenti. Il Rosso di Montepulciano DOC, dal canto suo è la DOC che permette ai produttori una maggiore flessibilità. Più facile beva rispetto al fratello maggiore, più fresco e fruttato. La Tenuta La Braccesca produce qui dei vini rossi di rara eleganza e nobiltà sublime.